Perimplantite: quando un’infezione colpisce i tessuti che supportano l’impianto dentale. Come prevenirla e come intervenire.

By: | Tags: | Comments: 0 | Marzo 10th, 2017

Perimplantite: quando un’infezione colpisce i tessuti che supportano l’impianto dentale. Come prevenirla e come intervenire.
La perimplantite è un’infezione generalmente causata da batteri, solitamente di tipo anaerobi, che colpisce i tessuti duri e molli che supportano l’impianto dentale, determinando un riassorbimento dell’osso circostante la vite implantare.

A livello clinico si possono avere dei rigonfiamenti nell’area dove sono stati posizionati gli impianti, profondità di tasca superiore a 4 mm, fuoriuscita di sangue e o di secrezione purulenta (Pus) e in alcuni casi anche la comparsa di ascessi (ascessi perimplantari). Si può osservare radiograficamente la presenza di un difetto osseo a forma di cratere attorno all’impianto. La topografia e la rugosità di superficie degli impianti può favorire l’accumulo di microrganismi.

Il fenomeno inizialmente si presenta come un’infiammazione della mucosa circostante l’impianto chiamata mucosite perimplantare, che non sempre si presenta con un quadro di perdita di struttura ossea in quanto il processo di riassorbimento dell’osso è graduale e reversibile.

Se, però, non intercettati tempestivamente, i batteri causano il riassorbimento del tessuto osseo circostante l’impianto che nel tempo può portare alla perdita dell’osteointegrazione.

La prevalenza è stimata attorno al 10-12% per quanto concerne gli impianti, interessando il 16-18% dei pazienti sottoposti a tale intervento chirurgico.

Quali sono le cause principali della perimplantite?

Le cause possono essere diverse, fra cui:

  • infezione generata in fase chirurgica da traumi quali il surriscaldamento osseo piuttosto che un’eccessiva compressione ossea dell’impianto nelle fasi di avvitamento;
  • infiltrazioni batteriche tra le componenti implantari e quelle protesiche;
  • carichi masticatori e/o occlusali errati;
  • fattori di rischio legati alla tipologia della superficie implantare e alla risposta intrinseca dell’ospite;
  • fattori di rischio associati all’ospite sono molteplici: pazienti suscettibili alla malattia parodontale, fumatori e pazienti con scarsa igiene orale;
  • la tipologia della connessione tra impianti e pilastri protesici gioca un ruolo importante nella risposta dei tessuti perimplantari.

Come prevenire la perimplantite?
Una corretta igiene orale unita a protesi dentarie congrue in termini di precisione nell’interfaccia con l’impianto e un carico masticatorio che permetta l’accessibilità di spazzolino, filo dentale e scovolino intorno agli impianti, consentono di limitare notevolmente il proliferare dei batteri.

Il paziente deve essere istruito e responsabilizzato a mantenere nel tempo una scrupolosa igiene orale domiciliare anche nel sito implantato.

Di fondamentale importanza per la prevenzione della perimplantite sono i controlli periodici clinici e radiografici dal proprio dentista e rispettare le sedute di richiamo di igiene orale professionale ogni 3 mesi.

Durante le sedute di controllo e di igiene professionale sarà possibile rilevare lo stato di salute dell’impianto, verificare se l’igiene quotidiana domiciliare viene svolta in modo corretto e intercettare tempestivamente eventuali primi sintomi di perimplantite.

Come risolvere le problematiche legate alla perimplantite?

Oggi le infezioni perimplantari costituiscono la principale causa di insuccesso implanto-protesico e si manifestano a distanza di 5 anni o più.

La mancata diagnosi iniziale porta a conseguenze tardive più gravi in quanto compromettono il tessuto osseo e la riabilitazione protesica definitiva; tuttavia un fallimento precoce può consentire la sostituzione dell’impianto senza gravi conseguenze.

Nel caso in cui sia presente una mucosite acuta e/o fenomeni ascessuali, in primis, è bene intervenire associando alla terapia antibiotica più appropriata, la levigatura delle porosità fra le spire implantari attraverso l’ausilio di strumenti manuali, allontanando eventuali batteri dalla superficie dell’impianto e, in un secondo tempo, effettuare un intervento chirurgico durante il quale si procede all’asportazione di tutto il tessuto di granulazione che avvolge l’impianto e alla pulizia chirurgica delle spire implantari contaminate.

Oltre alla clorexidina in letteratura si osserva anche l’utilizzo di contaminanti quali: lavaggi salini, acido citrico, perossido di idrogeno, air-flow, laser (Er:YAG, CO2, a diodi) e la decontaminazione elettrochimica.

L’approccio chirurgico osseo è di tipo resettivo, con eliminazione della filettatura e lisciatura della superficie implantare, associato in casi selezionati a tecniche rigenerative con apposizione di innesti ossei o biomateriali.

Se la situazione è molto compromessa e non è più possibile “salvare” l’impianto, è necessario procedere chirurgicamente con la rimozione e la sostituzione con un nuovo impianto secondo il caso clinico.

You must be logged in to post a comment.